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Nella Bibbia, in varie occasioni, un profeta ha dovuto rivedere le proprie concezioni sbagliate. Gli apostoli credevano, in un primo tempo, che soltanto gli ebrei potessero essere salvati. Lo Spirito Santo dovette correggere questo errore per fare in modo che il Vangelo fosse diffuso in tutto il mondo: con una visione indirizzata a Pietro (cfr. Atti 10, 11) e una rivelazione speciale a Paolo (cfr. Efesini 3:3-6) illuminò gli apostoli e, grazie a loro, la chiesa.
Ritroviamo circostanze simili anche nel movimento avventista… I pionieri dell’avventismo avevano una comprensione fortemente limitata della missione a causa di un errore teologico mutuato dal movimento millerita: la dottrina della “porta chiusa”, cioè la convinzione che la porta della grazia fosse inaccessibile dopo il 22 ottobre 1844. Ellen G. White fece propria questa dottrina. Lo Spirito Santo, mediante delle visioni, modificò questa idea in Ellen G. White e, per suo tramite, in tutto il movimento. — Cfr. Selected Messages 1:63, 64.
Tutti gli autori del Nuovo Testamento erano convinti che il ritorno di Gesù fosse imminente. Pur non essendo in grado di seguire cronologicamente il modo in cui lo Spirito Santo ha modificato questa loro convinzione, sappiamo che gli apostoli, in seguito, hanno ricevuto informazioni diverse. Per esempio in 1 Tessalonicesi 4:16, 17, Paolo dà l’impressione di aspettarsi che il ritorno del Signore debba avvenire durante la sua vita. In seguito deve aver ricevuto altre indicazioni per cui nella sua seconda lettera avverte la chiesa di non aspettare il ritorno di Gesù come se fosse imminente. Cfr. 2 Tessalonicesi.
Giovanni era convinto di vivere “nell’ultima ora”. Cfr. 1 Giovanni 2:18. Nelle visioni successive gli fu rivelato che le cose non stavano proprio come egli pensava, annunciò alla chiesa che diversi eventi — compresa una dura persecuzione — avrebbero preceduto la venuta del Signore. L’Apocalisse è indubbiamente la risposta dello Spirito alle numerose domande che l’amato discepolo si poneva.
Tutti i credenti del movimento avventista, Ellen G. White inclusa, erano persuasi che il ritorno di Gesù fosse imminente. Non dobbiamo sentirci in difficoltà di fronte all’espressione delle sue aspettative perché sono le stesse di Paolo, Pietro e Giovanni. Ancora una volta lo Spirito Santo ha dovuto correggere alcune idee e fornire informazioni supplementari per guidare la chiesa nella direzione giusta. Durante un incontro avvenuto nel 1856, Ellen G. White ricevette l’indicazione che alcuni fra i presenti avrebbero vissuto fino alla venuta di Gesù. Cfr. Testimonies for the Church 1:131, 132. Successivamente, durante la lunga visione sul grande conflitto fra il bene e il male, il Signore le mostrò quale fosse il percorso che la chiesa aveva ancora davanti a sé. Le fu anche rivelato che “dovremo rimanere in questo mondo per molti anni ancora per la nostra disubbidienza”. — Evangelism, 696.
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Gli Avventisti del 7° Giorno non credono nell’ispirazione verbale (l’idea che Dio detti le parole esatte nelle quali il profeta si esprime). A parte i dieci comandamenti, tutti gli scritti ispirati sono il risultato della cooperazione dello Spirito Santo, che ispira il profeta con una visione, un’intuizione, un consiglio o un giudizio con il profeta stesso che usa parole, frasi, immagini o espressioni utili a trasmettere il più fedelmente possibile il messaggio di Dio.
Dio lascia al profeta la libertà di scegliere il tipo di linguaggio con cui intende comunicare. Questo spiega le differenze di stile fra gli autori della Bibbia e il motivo per cui Ellen G. White descrive il linguaggio usato dagli scrittori ispirati come “imperfetto” e “umano”. Siccome “tutto ciò che è umano è imperfetto” (Selected Messages 1:20, 21), dobbiamo accettare l’idea che nella Bibbia e nelle opere di Ellen G. White vi siano imperfezioni ed errori.
Questo significa due cose:
1. Il profeta si esprime nella lingua di tutti i giorni, imparata nell’infanzia e perfezionata grazie a studi, letture e viaggi. Non c’è niente di soprannaturale nelle parole usate per trasmettere il messaggio.
2. Il profeta può commettere errori ortografici o grammaticali e cadere anche in altre forme di imperfezioni linguistiche come il lapsus linguae (un errore di pronuncia) o il lapsus memoriae (un errore di memoria) che possono e devono essere corretti da un redattore che prepara il testo in vista della pubblicazione. Il redattore in questo caso non corregge il messaggio ispirato ma il linguaggio, che non è ispirato.
Troviamo un lapsus linguae nel vangelo di Matteo quando menziona Geremia pensando a Zaccaria in merito all’episodio delle trenta monete d’argento. Cfr. Matteo 27:9, 10; Zaccaria 11:12, 13; Geremia 32:6-9. Per chi crede nella ispirazione verbale questo errore crea un grosso problema.
Ritroviamo lo stesso errore in Ellen G. White quando cita un brano di Paolo attribuendolo a Pietro: “L’apostolo Pietro dice: ‘L’amore di Cristo ci costringe’. Ecco perché questo discepolo così zelante sente il desiderio di impegnarsi nella difficile opera di proclamazione del messaggio del Vangelo”. — The Review and Herald, 30 ottobre 1913; cfr. l’affermazione di Paolo in 2 Corinzi 5:14.
Fortunatamente nella Bibbia e nella storia del movimento avventista abbiamo prove sufficienti a farci capire che lo Spirito Santo corregge gli errori dei suoi messaggeri quando riguardano questioni importanti per la chiesa.
Il Signore ci sorprende per le sue scelte, talvolta strane… Dobbiamo essergli grati perché non ha scelto di trasmettere il suo messaggio con un linguaggio “sovrumano” accessibile solo a pochi, ma lo ha affidato al nostro modo limitato e imperfetto di vedere e capire la realtà.
Nell’accettare questa scelta dobbiamo essere molto cauti per non confondere il contenitore con il contenuto. Rischieremmo di scartare il “tesoro” solo perché il “mezzo” è imperfetto e qualche volta indegno”.21